Ha abbandonato la nave senza fare nessuno sforzo per salvare i passeggeri e per la sua negligenza oltre 300 persone sono morte. Con queste motivazioni l’accusa ha chiesto oggi la pena di morte per il capitano del traghetto Sewol, affondato in Corea del Sud lo scorso 16 aprile con 476 persone a bordo, per la maggior parte studenti delle scuole superiori in gita.
Una tragedia che ha sconvolto un intero Paese, ha avuto ripercussioni politiche e alla quale i procuratori vogliono mettere la parola fine chiedendo la massima pena prevista per l’omicidio, anche se dal 1997 in Corea del Sud è in vigore una moratoria delle condanne. Pena di morte che, peraltro, lo stesso capitano Lee Joon-Sewol, 69 anni, ha detto di “meritare”, negando però di aver sacrificato i ‘suoi’ passeggeri per salvarsi la vita.
Per l’accusa, il capitano non ha fatto il suo dovere. “Ha mentito, ha accampato delle scuse, non si è mostrato pentito. Per questo chiediamo la pena di morte”, hanno detto i procuratori. In aula, il capitano ha ripetuto spesso al giudice che in quei drammatici momenti era in uno stato confusionale.
Incalzato dai procuratori, ha però ammesso che avrebbe dovuto fare di più per salvare i passeggeri e che alcuni membri dell’equipaggio non avevano l’esperienza necessaria a gestire situazioni d’emergenza. E poi ci sono le testimonianze dei superstiti che hanno raccontato di aver ricevuto più volte l’ordine di rimanere all’interno delle cabine anche quando la situazione appariva irreparabile.E gli imbarazzanti dettagli su come la parte dell’equipaggio sopravvissuta abbia abbandonato la nave: a mezz’ora dal lancio della richiesta di aiuto, col traghetto incontrollabile per la brusca virata effettuata, il pool di ingegneri saltò sul primo battello di soccorso.
Il capitano e altri sette componenti dell’equipaggio balzarono pochi minuti dopo su un’altra imbarcazione, senza dare nuovo ordini a chi era a bordo. Non solo, tutti indossavano abiti normali, Lee era addirittura in mutande, in modo da non essere riconosciuti, secondo l’accusa.
Per il primo ufficiale, il secondo ufficiale e il capo ingegnere è stato chiesto l’ergastolo, mentre per gli altri 11 membri dell’equipaggio sotto processo pene dai 15 ai 30 anni di galera. La sentenza potrebbe arrivare a giorni, entro novembre. Intanto, in questi sette mesi, oltre alle 284 vittime e i 20 dispersi, il drammatico incidente del traghetto ha provocato le dimissioni del premier e un brusco calo nel gradimento della presidente Park Geun-hye.
Alla tragedia si è poi intrecciata la misteriosa morte dell’armatore del Sewol, fondatore di una setta religiosa e fino a poco tempo fa ricercato numero uno in Corea del Sud. Yoo Byung-eun, accusato di aver violato le norme di sicurezza sulla nave di sua proprietà, si era dato alla fuga con i due figli dopo l’incidente. A giugno è stato ritrovato morto in un campo.