Si affida al suo profilo Facebook Roberta Caputo – l’atleta azzurra del 470 sospesa in via precauzionale dalle olimpiadi di Rio 2016 per doping – per esprimere il suo rammarico è la sua versione dei fatti.
Mi avete scritto e pensato in tantissimi, questa è una grande fortuna, più grande della sfiga che ho avuto! Chi mi conosce sa che Ho sempre navigato con il sorriso stampato in faccia, sia nelle vittorie che nelle sconfitte e affronterò questa situazione nello stesso modo, senza rimpianti e senza troppe lacrime! Farò il possibile per tornare in barca più presto possibile, e soprattutto voglio condividere la mia storia perché possa servire d’esperienza e magari anche cambiare questo sistema che taglia le gambe a buoni e cattivi senza differenza.
Al momento Facebook è la mia unica arma di difesa, non ho altre strade, non c’è niente da fare, posso solo provare a chiarire la mia situazione, per me stessa.
Meno di 20 giorni al segnale di partenza: la barca è perfetta, il team è pronto, mancano gli ultimi dettagli…ma qualcosa stamattina è andato storto: arriva la chiamata dell’antidoping da Roma, sono le 9:00 qui a Rio, mi comunicano la positività del test effettuato il 6 luglio, a Napoli. Torno in hotel per cercare di capirci qualcosa, dopo meno di un’ora il mio nome era già stato cancellato dall’elenco iscritti delle olimpiadi, dopo altri 20 minuti sono stata sostituita. Difficile da credere, ma questa è la procedura.
Sono risultata positiva alla sostanza clostebol metabolita: anabolizzante contenuto in un medicinale da banco chiamato trofodermin, comune cicatrizzante per ferite e ulcere. Ho comprato questa crema per curare dei segni di brufoli che mi erano venuti in faccia, ero totalmente ignara del suo stato dopante, è successo agli inizi di giugno (weymouth) non ero ancora nel programma nazionale antidoping, ma i residui della sostanza sono rimasti vivi nel mio corpo fino al controllo di luglio…
Ho provato a spiegare in tutti i modi la mia innocenza, e ho provato a contestualizzare la mia posizione di atleta nuova nel programma Nado ma niente da fare, la legge è uguale per tutti e non ammette ignoranza.