La leggenda della Valle dei sette morti

La storia de La Vale dei Sete Morti è molto conosciuta a Chioggia che ne vanta la primogenitura rispetto ad altre versioni raccontate in altre zone della laguna di Venezia, infatti è stata adattata alle varie realtà lagunari. Il giornalista Sandro Zanotto, in suo articolo sulle culture venete scrive “che bene figurerebbe in un romanzo marinaresco: forse più in Conrad che in Stevenson. La leggenda infatti è truce”. La Valle dei Sette Morti è segnata in una carta del sec. XVI di autore ignoto conservata nell’Archivio di Stato di Venezia e, ancora adesso, le carte nautiche della laguna riportano, qualche chilometro a Ovest del litorale di Pellestrina, i ruderi sommersi del Cason dei Sete Morti

La storia della “Valle dei Sette morti”, che già aveva affascinato D’Annunzio nel “Fede senza Cigno”, in un breve racconto gotico basato sul tema, è un classico delle credenze popolari dove vengono mescolati con sapienza sia l’aspetto religioso sia il misero quotidiano dei pescatori.

Il bragozzo affondava la prua nell’acqua agitata della laguna ogni volta che le reti venivano issate a bordo. La battuta di pesca durava ormai da molte ore e le braccia dei sette pescatori, che facevano parte dell’equipaggio di quella barca, cominciavano a sentire tutta la stanchezza di una giornata pesante.

Il comandante decise allora per un’ultima “calata” prima del ritorno a Chioggia. Con sommo stupore da parte di tutti, sulle reti però si era impigliato il corpo di un uomo, un annegato, in laguna da chissà quanto tempo. Disteso in coperta, vicino alla prua, il cadavere, volsero la barca per il rientro ma vennero sorpresi da una tempesta, che increspò il mare e mise in difficoltà i pescatori che, visto un casone nelle vicinanze, decisero di raggiungere quel riparo in attesa che la burrasca si placasse.

Arrivati nel casone, mentre s’era ormai fatta notte, accesero un fuoco per preparare un po’ di polenta e fu a quel punto che scorsero un bambino, che in quel casone era stato abbandonato assieme al suo cane.

Il bambino stava lì da parecchi giorni ed era affamato ed infreddolito, mentre i sette pescatori ridevano e scherzavano attorno al fuoco, ignorandolo. Quando la polenta fu pronta venne rovesciata sopra una tavola di legno e non appena si fu raffreddata iniziarono a mangiarla.

Il ragazzino, molto timidamente, provò ad avvicinarsi chiedendone un pezzo in quanto aveva molta fame. I sette pescatori però, lo respinsero e si fecero burla di lui. Il bambino provò ad insistere e fu allora che uno dei sette si alzò e disse: <<Se vuoi un pezzo di polenta, devi prima andare a svegliare il nostro compagno che sta dormendo in barca>>. Il piccolo, assieme al suo cane, corse nella barca per svegliare l’uomo ma dopo averlo scosso più volte, ritornò sconsolato verso i pescatori. <<Non si sveglia – disse – sta dormendo>>. Ridendo a più non posso, i pescatori invitarono il bambino a tornare nella barca e dopo vari tentativi l’uomo, che era stato ripescato in mare, finalmente si alzò. <<Andiamo!>>, disse ed assieme al bambino si presentò davanti ai pescatori che smisero di ridere e furono colti da stupore e spavento.

<<Chi fa soffrire un innocente senza ragione – disse l’uomo, mentre qualcuno dei pescatori si inginocchiava chiedendo pietà – e non ha compassione delle sue disgrazie non merita pietà e misericordia>>. Poi allungando il dito verso di loro, continuò: <<Sia salvo il bambino perché è l’innocenza e sia salvo il cane che rappresenta la fedeltà. Voi, invece siete la personificazione dei sette peccati!>> E mentre elencava uno ad uno tutti i peccatii pescatori caddero di schianto e  morirono. L’uomo, quindi, si rituffò disperdendosi nelle acque torbide della laguna.

Fu così che il mattino seguente, in uno sperduto casone della laguna di Venezia, furono trovati, da una barca che passava di lì per caso, sette cadaveri, un bambino ed un cane e da allora quel posto divenne per tutti la Valle dei Sette Morti.

 

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