Fuori uno! Il primo grande Capo dei mari del Sud, Buona Speranza, è già sulla scia di Italia, il Class40 (12 metri) del navigatore Gaetano Mura, nel pieno del suo tentativo di record sul giro del mondo a vela in solitario. Barca e skipper italiani hanno doppiato il meridiano di Good Hope, estrema propaggine del continente africano, nella notte di domenica 4 dicembre, in condizioni di vento e di mare “dure”, nel pieno di una depressione. “Al Capo, a Italia, al mare, alla nostra!”. In mano il tricolore con la scritta Capo di Buona Speranza Gaetano ha brindato al passaggio in Oceano Indiano come promesso, stappando una bottiglia di straordinario vino di Dorgali, il suo paese in Sardegna, dono del suo vicino di casa.
I Quaranta Ruggenti non sono teneri con nessuno. Nell’area di navigazione di Gaetano Mura ci sono almeno altri due skipper impegnati nel Vendée Globe, la regata intorno al mondo in solitario, con barche ben più lunghe di Italia (18 metri anzichè 12). Tra questi anche il giapponese Kojiro Shiraishi, con il suo Spirit of Yukoh, che ha rotto l’albero e sta cercando di raggiungere Città del Capo.
IL DIARIO DI BORDO
“Dopo due giorni intensi e faticosi riesco, seppure in modo acrobatico, a prendere in mano la tastiera. Non ci siamo fatti trovare impreparati all’arrivo di questa depressione. Quando è arrivata sia io che Italia avevamo già la visiera dell’elmo calata sul viso e lo scudo nella mano. Il vento ha rinforzato subito con un’onda all’inizio maneggevole, poi ha cominciato a gonfiarsi spinta da 40 nodi di vento fissi, con raffiche a 45. Abbiamo stretto i denti avanzando con 2 mani di terzaroli alla randa (porzioni di riduzione della tela, ndr) e fiocco piccolo a prua. Poi il fronte, molto attivo e veloce, arrivato violento con groppi che scrosciavano acqua a secchiate e rinforzi sino a 55 nodi. Abbiamo preso la terza mano alla randa e cambiata la vela di prua con la trinca (fiocco ancora più piccolo. ndr). Questa ulteriore riduzione non impediva ad Italia di sorpassare 22/23 nodi in discesa dai muri d’acqua. E’ durata quasi tre ore e al cambio di vento, come di consueto, si deve strambare, ma il vento non scendeva sotto i 40 e strambare in queste condizioni è seriamente rischioso. Abbiamo esitato, ma la nuova prua non consentiva di continuare oltre, inoltre l’onda di fianco ci prendeva e ci sdraiava pericolosamente ad ogni impatto…
IL RACCONTO DELLA STRAMBATA CON 40 NODI
“Ho detto a Italia che bisognava farlo, che stringesse i denti. Sono andato dabbasso, ho incominciato a spostare i pesi, ho scaricato il ballast (serbatoio di zavorra liquida, ndr), sono tornato in coperta, sul ponte sopravvento a slegare i due sacchi di vele che erano lì per fare raddrizzamento. Sotto cascate di onde che frangevano in coperta per la velocità sono tornato in pozzetto, ho preso la volante e il cuore tra le mani e in velocità giù da un’onda ho strambato. Indenne, grazie al cielo, ma la volante sottovento è rimasta sopravvento alla randa, cosa che ho sistemato stamane all’alba.
“Appena sulle nuove mura, con le onde enormi sull’asse, Italia ha cominciato ad accelerare follemente saltando in fondo all’onda come quando si lancia una pietra piatta in mare per farla rimbalzare. Botte da orbi in un concerto di rumori e scricchiolii di ogni genere. La chiglia e i timoni fischiano ad alti decibel. La notte è passata così.
“Sono un po’ stanco e patisco per Italia che incassa seriamente da ore e ore. Ma mi è venuta l’ispirazione, sono sceso dabbasso, ho steso sul fondo della pentola alcuni strati di pane carasau e ci ho tagliato sopra alcune fette di formaggio, ho acceso la fiamma, l’ho fatto un po’ abbrustolire e ci ho versato sopra dell’ottimo miele. Bisogna pur consolarsi.”