Si tratta di una grande vittoria per Ucina Confindustria Nautica, Assomarinas, Federturismo Confindustria e Le Associate Assonat (Promomar E Marina Punta Ala), costituite in giudizio: gli aumenti dei canoni demaniali non possono essere indifferenziati e non possono essere automaticamente applicati alle opere realizzate a cura e a spese del concessionario, equiparandole a quelle già di proprietà dello stato. La battaglia legale continua ora al consiglio di stato.
Chiamata a giudicare la legge che ha modificato unilateralmente e retroattivamente le concessioni-contratto dei porti turistici, la Corte Costituzionale ha fornito una interpretazione della norma in linea con le richieste di Ucina Confindustria Nautica, Assomarinas, Federturismo Confindustria e Le Associate Assonat (Promomar E Marina Punta Ala).
i criteri di calcolo dei canoni basati su valori immobiliari di mercato possono riferirsi solo alle opere che già appartenevano allo Stato (e quindi che già possedevano la qualità di beni demaniali) al momento del rilascio della concessione. Per le opere ancora da realizzare o realizzate a cura del concessionario, il calcolo dei nuovi valori immobiliari può avvenire solo al termine della concessione e non già nel corso della medesima.
“La Corte ci ha dato un’interpretazione costituzionalmente corretta della disposizione di legge che impone ai giudici amministrativi di considerare la natura e le caratteristiche dei beni oggetto della concessione, evitando l’applicazione generalizzata degli aumenti dei canoni legati ai valori immobiliari. I porti turistici interessati potranno far valere questo principio nei giudizi di fronte ai TAR e al Consiglio di stato, finalizzati alla corretta ridefinizione dei canoni” commenta soddisfatta Carla Demaria, presidente UCINA Confindustria Nautica, a nome delle Associazioni di categoria che hanno sostenuto la costituzione in giudizio di fronte alla Suprema Corte.
La storia di 10 anni di battaglie e ricorsi legali
La complessa vicenda ha avuto inizio con la riforma attuata dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria del 2007) che ha moltiplicato fino a 6-7 volte il canone demaniale riferito ai porti turistici, stabilendo l’abrogazione della specifica normativa per loro prevista e l’applicazione di quella riguardante le concessioni turistiche ricreative, inclusi gli aumenti applicati a queste ultime al fine di adeguarli a valori economici correnti.
Il giudizio di legittimità ha dunque investito l’art. 1, comma 252, della 296/2006, ed è stato promosso dal Consiglio di Stato e dal TAR Toscana, giudici di fronte ai quali la questione è stata sollevata dai porti turistici.
Di fronte alla Corte Costituzionale si sono costituite UCINA Confindustria Nautica e Assomarinas, Federturismo Confindustria, Marina di Punta Ala e Promomar.
Il Consiglio di Stato
Nel rimettere la questione alla Corte Costituzionale, il Consiglio di Stato ha rilevato che, negli anni di durata della concessione-contratto, per i marina oggetto del giudizio l’importo totale dei canoni dovuti a causa della nuova normativa aumenterebbe di circa cinque volte e ciò renderebbe negativo il margine dell’investimento.
Gli stessi giudici di legittimità hanno ricordato come la realizzazione di porti turistici – a differenza delle concessioni turistico-balneari – comporta ingenti investimenti sia per la realizzazione delle opere strutturali, destinate a essere poi acquisite gratuitamente dal demanio, sia per l’impegno gestionale. Ciò richiede un piano economico-finanziario di lungo periodo, approvato al momento dell’affidamento della concessione, nell’ambito del quale l’importo del canone è un elemento determinante.
UCINA Confindustria Nautica
Intervenuta nel giudizio di fronte alla Corte Costituzionale, la difesa di UCINA Confindustria Nautica ha proposto, in primo luogo, che fossero dichiarati applicabili alle opere realizzate dal concessionario i criteri di determinazione dei canoni delineati specificatamente per i porti turistici dal d.m. n. 343 del 1998, mentre le nuove disposizioni della legge 296/2006 si sarebbero dovute applicare alle sole aree occupate da beni già realizzati e già divenuti di proprietà statale al momento del rilascio della concessione.
In via subordinata, qualora la legge 296/2006 fosse stata ritenuta applicabile a tutte le concessioni (a quelle in corso e a quelle nuove, a quelle caratterizzate dalla realizzazione delle strutture da parte del concessionario e a quelle nelle quali le strutture siano di proprietà statale), UCINA ha chiesto che tale normativa fosse dichiarata illegittima in riferimento all’art. 3 della Costituzione sotto il profilo della disparità di trattamento.
Assomarinas
Intervenuta nel giudizio di fronte alla Corte Costituzionale, Assomarinas ha sollevato la questione sotto il profilo dell’irragionevole equiparazione delle concessioni-contratto tipiche della portualità turistica alle concessioni per finalità turistico-ricreative. L’Associazione ha inoltre posto il tema della lesione del legittimo affidamento dei concessionari nella stabilità del rapporto di concessione, per via del cambio delle regole applicato unilateralmente e in maniera retroattiva, e infine la violazione dell’art. 41 della Costituzione (tutela dell’iniziativa economica privata).
Assonat e le sue associate
I porti turistici costituiti in giudizio hanno sottolineato come, a fronte dell’aumento retroattivo dei canoni, nel caso di una concessione-contratto al concessionario non sarebbe consentita l’interruzione anticipata del rapporto, se non subendo gravissime conseguenze economiche
La decisione della Corte Costituzionale
La Suprema Corte ha rilevato come la legge 296/2006:
- ha esteso anche alle concessioni di strutture per la nautica da diporto i medesimi criteri di determinazione dei canoni dettati per le concessioni aventi finalità turistico-ricreative
- che, accanto al canone cosiddetto tabellare, ha introdotto un canone commisurato al valore di mercato.
Circa il primo punto, i giudici costituzionali non hanno ritenuto di per sé illegittima l’applicazione della normativa prevista per le concessioni turistico-ricreative anche alla portualità.
Con riferimento al secondo punto, la sentenza ha specificato che risulta doverosa un’interpretazione della disposizione del comma 252 della legge 296/2006 che “porta a escludere l’applicabilità generale e indifferenziata dei canoni commisurati ai valori di mercato a tutte le concessioni di strutture dedicate alla nautica da diporto, rilasciate prima dell’entrata in vigore della disposizione in esame”.
Dunque la norma non è di per sé costituzionalmente illegittima, ma i giudici di legittimità – il Consiglio di Stato e i TAR investiti dalle controversie – dovranno attenersi a precisi paletti interpretativi nell’applicarla:
“per la determinazione del canone demaniale occorre considerare la natura e le caratteristiche dei beni oggetto di concessione quali erano all’avvio del rapporto concessorio, escludendo l’applicabilità dei nuovi criteri commisurati al valore di mercato alle concessioni non ancora scadute che prevedano la realizzazione di impianti ed infrastrutture da parte del concessionario”.