Di seguito l’intervista realizzata da Elena Giolai a Robert Scheidt per l’annuale book del Circolo Vela Torbole, un’incredibile ‘face to face‘ che bene trasmette la grandezza di un campione speciale, che ama la vela e lo sport in ogni sua sfumatura, mentre si appresta ad affrontare la preparazione finale per la sua settima olimpiade, ancora sul Laser. E dopo il suo 12° posto al recente mondiale in Giappone, è ancora in acqua con un nuovo sogno olimpico: al mondiale è stato sovrastato da una vera flotta di australiani e neozelandesi piazzati nella top 10, ma lui è sempre lì, a 46 anni, a cinghiare e cercare vittorie tra le nuove leve olimpiche, che di certo non lo spaventano per gli almeno 20 anni in meno.
Dove hai iniziato? Ho iniziato a San paolo, nel lago di Guarapiranga, un lago piccolo ma con un circolo bellissimo, lo Yacht Club Santo Amaro. Mio papà è sempre stato un membro del circolo, un velista ed è lui che mi ha portato al circolo e con lui ho fatto le prime esperienze, sulla barca di famiglia “stile Laser Bahia”. A 4-5 anni ho fatto i primi giri con lui e poi a 9 anni ho fatto il corso Optimist, facendo la strada classica, proseguendo poi con lo Snipe, classe molto diffusa in Brasile e infine quando avevo il fisico adeguato sono passato sul Laser Standard (ero sui 63Kg), non c’erano le vele più piccole come ora per i più giovani 4.7 e radial e così all’inizio ho sofferto un po’. Il tutto quindi è iniziato per la famiglia e per l’ambiente positivo nel circolo, con tanti bambini che andavano in barca. nel frattempo ho sempre fatto anche altri sport come nuoto, atletica, tennis: l’idea di famiglia era quella di insegnarmi diversi sport e lasciarmi scegliere quello che mi piaceva di più.
Quanto è importante l’ambiente scuola vela e poi squadre agonistiche in un paese, in un club? È tutto; è dove si crea la vela della nazione, di conseguenza è importantissimo l’ambiente del circolo, l’istruttore e l’allenatore/allenatrice, il modo in cui fanno didattica, il modo in cui si esprimono con i bambini; il rapporto che si crea con loro. Nei primi anni riesci ad “ingaggiare” un bambino per tutta la vita in questo sport, o anche perderlo. E’ sempre più importante il rapporto con l’allenatore e l’ambiente positivo che si crea, in cui i bambini si rispettano, sanno giocare, ma rispettandosi.
Cosa significa per te e tua moglie Gintere vedere il primo figlio Erik, oggi in squadra agonistica CVT, crescere in questo ambiente? La cosa che ci fa più piacere è quella che viene volentieri; non dobbiamo mai chiedere se vuole venire all’allenamento: lui prende la sua roba, viene al club, arma la sua barca, esce e torna sempre felice. Sta imparando velocemente grazie anche all’allenatrice Reka e a tutto l’ambiente, è stato fortunato a fare vela qui in questo bel posto.
Ed Erik ti ha già fatto qualche domanda tecnica che magari non ti aspettavi? Non mi chiede tante cose, ma mi ha stupito a dicembre, una volta tornato dalla finale Star Sailors League, perchè mi ha chiesto in modo molto specifico perchè avevo virato in un certo punto; voleva capire i miei errori…anche se dei suoi non piace parlare! In realtà alla sua età non avevo la maturità che ha lui adesso; è impressionante vedere come imparano velocemente. In ogni caso la cosa più bella rimane quelle che lui si diverte e questo mi basta.
Un consiglio da genitore agli altri genitori di giovani velisti? Non è facile perchè quando diventi papà, genitore si innesca un sentimento emozionale molto forte; è facile dare consigli quando non sei genitore; quando lo diventi cambia tanto. È importante aiutare, essere presenti quando il figlio ha bisogno, ma non forzare troppo; non bisogna cercare di trasformalo in un campione troppo presto. deve imparare, fare errori perchè è importantissimo sbagliare per imparare e poi piano piano se piace lo sport e vuole dedicarsi a quello sport, allora sì fare una cosa più programmata. Noin deve mai essere una cosa troppo seria e troppo presto, perchè tutti hanno tempo nella vita. Per i bambini deve essere una cosa piacevole, una specie di gioco, deve esserci il giusto equilibrio. Il genitore deve esserci per aiutare quando ce n’è bisogno, ma non “tirare troppo”.
I valori più belli e importanti/formativi della vela per te quali sono Quello che mi ha portato a fare vela è il senso di libertà: libertà di andare fuori e usare la forza del vento, sensazione di libertà sentendo il rumore dell’acqua quando passi su un’onda, libertà di essere in grado di portare la barca dove voglio, proprio come un bambino che per la prima volta prende una bici e pedala da solo! Nell’acqua ci sono varie dimensioni: giochi con l’acqua, con l’onda, con l’aria: tutta questa interazione con la natura, con l’ambiente mi ha prima di tutto affascinato e catturato. Nella vela poi ci sono regole, è un gioco, ma con le sue regole; ci sono altri che vogliono essere bravi come te ma devi dare il massimo di te stesso rispettando sempre avversari e regole; diventa importante imparare a gestire il materiale: non si può avere tutti i giorni una barca o una vela nuova, bisogna essere in grado di aver cura del proprio materiale, pulendolo e mettendolo via in ordine: una lezione importante per la crescita di un bambino. Infine la vela è uno sport che non è mai noioso: ogni giorno c’è uno stimolo diverso: puoi avere sole, un altro pioggia, vento forte o piatta.
Come imposteresti una scuola vela e un’attività agonistica all’interno di un circolo? Che visione hai? E’ importante offrire un po’ di tutto ai bambini e ai ragazzi; avere la possibilità di fare la barca singola, ma anche doppia o collettiva, perchè ci sono persone portate ad uno o all’altro a seconda della personalità. Io mi sono trovato sempre meglio nella barca individuale, nonostante abbia comunque fatto il doppio con la Star. Ci sono quelli che trovano il proprio talento facendo ad esempio i prodieri. Se offri più possibilità ognuno può trovare la sua passione ed esprimere il proprio talento.
Come organizzeresti un luogo come l’alto Garda per i giovani che vogliono allenarsi, se potessi creare una struttura/progetto ideale per loro? Credo che sia più importante della struttura in sè- sebbene sia utile nel momento in cui puoi avere anche una palestra, ecc. quello di cui gli atleti hanno bisogno è lì in mezzo, è l’acqua, il vento.Qui a Torbole e sul Garda Trentino è un posto spettacolare con il vento che non manca davvero mai; la cosa importante è creare un ambiente positivo, avere bravi allenatori fare un gruppo e crescere giorno dopo giorno con un metodo, che è fondamentale. Sicuramente cambiare ambiente è utile; noi qui sul lago non possiamo escludere le trasferte al mare per le condizioni diverse che si trovano come corrente, onda, acqua salata con cui un atleta deve fare esperienza. Rimane il fatto che comunque questo posto è unico al mondo; ci sono tanti velisti stranieri che vogliono venire qui ad allenarsi perchè non solo la vela è bellissima, ma c’è la possibilità di andare in bici, in montagna, a sciare: ci sono tante attrazioni, varietà di attività possibili.
Cosa apprezzi del vento da nord di Torbole e cosa invece dell’ora? La varietà è importante; uno dei più begli allenamenti che puoi fare è fare una lunga poppa la mattina verso sud con il vento da nord (possibilmente seguito da un gommone) e poi tornare il pomeriggio. E’ bello cambiare prospettiva e sfruttare la lunghezza del lago, per trovare maggiore varietà di condizioni; da qui è bello andare a Campione, Castelletto di Brenzone, Malcesine in cui si possono trovare prospettive diverse dell’acqua, del lago e della montagna.
Qual è la più bella giornata che ricordi trascorsa in acqua qui a Torbole? Con che barca? Ci sono state tante giornate stupende,ma ricordo con particolare piacere quella in cui sono tornato a navigare in Laser nel 2013 (dopo Londra 2012 in Star) abbiamo fatto un allenamento con una squadra svedese e abbiamo fatto una poppa fino a Castelletto con 20-25 nodi; abbiamo pranzato lì dal mio amico Luca (Modena ndr) e per tornare abbiamo trovato un fronte, che ha portato ancora vento forte questa volta da sud: con 4 ore di poppa con vento forte è stata una giornata davvero memorabile!
Come fai a trovare ancora nuovi stimoli per tornare alla tua settima olimpiade, a Tokyo 2020? Io sono molto competitivo; mi piace avere sempre un importante obbiettivo e la cosa più bella del mondo sportivo è senza dubbio l’Olimpiade. Credo di essere ancora in grado di giocarmela e quindi se ho motivazione, voglia, perchè non affrontare questa nuova sfida? Chiaro che non è più così facile perchè gli anni passano, ma credo che posso arrivare a Tokyo competitivo. È stata una decisione difficile, perchè ho smesso per due anni dopo Rio, facendo altre cose nel mondo della vela, ma ora manca davvero poco e devo dedicarmi con grande impegno, perchè voglio arrivare competitivo; andare per andare non mi piace; devo sentirmi pronto per giocarmi ancora una medaglia.
Cosa suggeriresti ad un giovane che punta all’Olimpiade? Avere il sogno olimpico è già una cosa molto importante; io ce l’ho avuto fin da bambino e l’obiettivo iniziale era quello di qualificarmi per andare alla Olimpiadi. Non avrei mai pensato di arrivare a fare 6 Olimpiadi; quindi prima cosa avere dentro di sè questo sogno per poi avere la spinta per lavorare con dedizione; diventano poi molto importante le eprsone che ti seguono, la struttura famigliare, avere uina programmazione a breve, medio e lungo termine; avere un progetto per realizzare questo sogno. Nel momento in cui credi in questo obbiettivo non lo fai solo per te stesso, ma per la tua vita. Le cose che si imparano con lo sport, con i viaggi, con le amicizie in tutto il mondo, queste sono cose che rimangono per tutta la vita. Non è solo il risultato che ti appaga, ma tutto ciò che sta dietro.
Qual è la tua visione della vela olimpica? Credo che World Sailing ha fatto tanti cambiamenti negli ultimi anni e questo crea un po’ di confusione per la percezione che può avere il pubblico, ma anche per gli stessi velisti, per le Federazioni che devono investire, per i paesi che hanno meno risorse economiche oer investire nell’atleta. La velaè uno sport costoso; fare una campagna olimpica costa e vedo con un po’ di preoccupazione iol fatto che la vela diventi sempre più costosa, più difficile e la differenza di preparazione dei paesi con risorse più o meno risorse diventano sempre più distanti. Se esce una barca come il laser o la tavola a vela, che sono scafi popolari, accessibili, non troppo costose andiamo in una direzione non giusta. Dobbiamo avere sempre una barca facile, che dà la possiblitàà anche a chi arriva da un paese africano a gareggiare in parità contro un atleta inglese o di un altro paese ricco. Solo questa parità tra paesi porta valore al movimento olimpico, che è tale solo nel momento in cui è rappresentato da un ampio numero di paesi. Nel Laser ad esempio c’è la possibilità di avere 70 paesi; altre barche non riesco ad avere una rappresentatività simile. Altra cosa importante è che è necessario avere una storia olimpica, che per altre discipline vedi nuoto o atletica, sai chi è stato il campione olimpico nei 100 mt 20 anni fa; nella vela non è possibile perchè cambiano sempre più spesso le classi olimpiche. I cambiamenti sono importanti nello sport, ma possono essere fatti nell’albero, nella vela, ma non continuamente su classi, perchè così non si tengono sotto controllo i costi e viene a mancare appunto la storia olimpica.
Qual è la massima espressione per la vela per te? Il momento della partenza in regata, con tante barche intorno a te che giocano per guadagnare quel metro, le vele che sbattono al vento, l’orologio che devi tenere sotto controllo, l’adrenalina che hai in quel momento…un insieme di elementi di grande intensità, che apprezzo particolarmente.
Hai un uomo di mare, un velista che apprezzi particolarmente? In Brasile ho sempre avuto come grandi esempio Lars e Torben Grael. Lars per la capacità di superare gli ostacoli e quindi una grande lezione di vita. Torben per l’aspetto sicuramente sportivo perchè è un fuoriclasse: essendo un po’ più vecchio di me è sempre stato il mio esempio. Quando ero piccolo guardavo lui, vedevo che vinceva le medaglie olimpiche, finchè ho iniziato a gareggiare contro di lui, poi con lui su barche grandi e quindi ho iniziato ad avere un rapporto personale importante. Quando ho fatto ad Atlanta la mia prima Olimpiade loro erano in squadra ed averlki nel tem per me è stato motivo di grande crescita anche tecnica. Poi ho sempre avuto una grande ammirazione anche per Paul Elvtröm, un grande della vela.
Hai avuto contatti per campagne di Coppa America? Ti interesserebbe? Ho avuto possiblità nel mondo di Coppa, ma è sempre stata una decisione difficile perchè nel momento in cui potevo entrare in quel momento, dovevo parallelamente rinunciare alla Campagna Olimpica nella Star, che in quel momento era troppo importante per me. Alla fine ho sempre scelto per le Olimpiadi e credo di aver preso la decisione giusta. la Coppa America rimane bellissima e ho tanta ammirazione per quelli che la fanno.
Una volta finita la campagna olimpica (semmai finirà…) ti piacerebbe proseguire come timoniere/tattico di barche altura o come coach? Fino a che riesco preferisco andare in barca; è chiaro che fisicamente non potrò andare in Laser per sempre, ma barche grosse com il TP52 mi piacciono. Sono già stato a bordo lo scorso anno, peccato il team ha deciso di non proseguire per questa stagione, ma quando ci sarà l’opportunità vorrei tornare a frequentare quel circuito. Ho avuto tante richieste per fare coaching, ma nel momento in cui entri in quel mondo non torni più in barca come atleta e quindi cerco di tenerle lontane finchè posso!
Gioie e dolori Olimpici: quale ricordi con maggior piacere e quale invece con maggior dolore? Tutte le Olimpiadi in cui ho conquistato la medaglia sono state naturalmente meravigliose (nell’ordine Atlanta oro, Sydney argento, Atene oro, Pechino argento, Londra bronzo), sempre momenti diversi della vita; le due fatte in doppio (sulla Star con Bruno Prada) sono state interessanti perchè c’era la condivisione con il proprio prodiere, ma la seconda medaglia d’oro Laser ad Atene 2004 (dopo quella di Atlanta 1996) è stata speciale in quella regata finale, in cui avevo finalmente preso quell’oro, per la prima volta una doppietta per un atleta brasiliano! Invece il momento più duro è stato a Sydney 2000, nella regata in cui ho perso l’oro contro Ben Ainslie. vedevo la medaglia d’oro ma quel match race finale me l’ha negata e per mesi ho continuato a pensare a quella regata; è stato molto difficile superare quel momento. Alla fine avevo comunqnue vinto l’argento e quindi non potevo nemmeno essere troppo triste o severo con me stesso! Il quarto posto di Rio è sì stato duro, ma ero consapevole di non essere favorito e che non potevo sbagliare nulla in quella settimana e così non è stato.
Come hai vissuto le due barche olimpiche Star e Laser? E’ tutto dipeso da quanto fatto; finita la campagna per Atene non avevo più voglia di andare in Laser: avevo vinto tre medaglie olimpiche, otto mondiali; per me si era chiuso un ciclo. Da quel momento la Star è così diventata per 8-10 anni tutto quello che volevo. Finita l’Olimpiade di Londra nel 2012, mi è venuta nuovamente voglia di tornare sul Laser e così è stato. E adesso sono nuovamente motivato per affrontare Tokyo 2020 sempre con il Laser!