Il sogno olimpico di Riccardo Ravagnan

A 335 giorni di distanza dalla cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Tokyo 2020 è da poco terminato ad Enoshima – in Giappone – nella medesima localition che ospiterà le classi veliche, l’evento test che permette agli atleti di testare le condizioni che andranno ad affrontare nella competizione a cinque cerchi.

Un sogno, quello olimpico, che può essere vissuto non solo dall’atleta come ci racconta Riccardo Ravagnan. Tante sono le figure professionali che ruotano attorno al percorso di avvicinamento olimpico dell’atleta e tra queste anche quella del meteorologo. Ad Enoshima, in occassione del test event Ready Steady Tokyo, Ravagnan ha ricoperto per la nazionale olimpica spagnola il ruolo di weather forecaster e l’analisi meteo ambientale dei 6 campi di regata con la responsabilità di aiutare i coach e gli atleti nell’interpretare il mare per eseguire le migliori scelte strategiche.

Ehoshima

D: Riccardo, come è avvenuto il contatto con la nazionale Iberica?

R: E’ stata una chiamata inaspettata, dopo il tentativo del 2016 con l’Italia a Rio ho creduto che le classi olimpiche fossero una meta fuori target, che ormai la mia unica strada fosse la navigazione d’altura e l’offshore (vedi anche l’esperienza di questi giorni con Bellini a remi nel Pacifico). Sicuramente è provvisoria, nel senso che questa mia partecipazione al test event e alla world cup non significa per forza esserci all’evento ufficiale ma è sicuramente la strada che si deve percorrere e la speranza è che si possa coronare questo sogno. La vela è un mondo difficile dove non basta essere bravi e le mosse false sono sempre dietro l’angolo. Alle volte siamo costretti a sbagliare per cause di forza maggiore ed il rischio è di essere immediatamente tagliati fuori. Questo coinvolgimento della Spagna mi nutre di emozioni positive, mi ricorda che c’è sempre una partita che si può giocare e che il futuro non si prevede quasi mai. Ecco che il tema delle previsioni emerge.

Riccardo Ravagnan al lavoro mentre studia il campo di regata © Zerogradinord

D: Un campo di regata olimpico prevede ben sei campi di gara distinti, magari anche a distanza ridotta l’uno dall’altro. Come vengo preparate le previsioni in questo caso?

R: Ho ancora troppi pochi dati per poter comunicare una caratterizzazione di ognuno, le differenze previsionali ci sono ma non ho ancora creato un modello diverso per ogni area, per il momento considero un campo di regata unico sul quale poi divido in sei parti in base alle caratteristiche di vicinanza alla costa, presenza di ostacoli, maggiore corrente, ecc. Le previsioni del tempo, per quanto siano una branca della fisica e quindi si intendano tra le scienze deterministiche, certe, hanno una varietà di variabili da tenere in considerazione che le rende imperfette. Si semplifica la realtà per trovare la soluzione a complesse relazioni fisiche e questo è il principale limite dei modelli meteorologici. Affidarsi ad un valore numerico prodotto da uno dei moltissimi modelli a disposizione (direi di chiunque, gratuitamente o a pagamento) può essere un’indicazione ma non può essere la base per costruire una strategia. In fin dei conti è di questo che si parla, le previsioni meteo marine in una competizione come le olimpiadi ha finalità strategiche, conoscere un evoluzione prima o meglio dell’avversario ti permette di fare delle scelte diverse in acqua e giocarti la performance non solo sul campo ma anche prima di scendere in mare. Dunque è per questo che molti si affidano ad un tecnico, la necessità di interpretare i dati prodotti dai modelli è fondamentale per poter avere quel qualcosa in più degli avversari. Un modello meteo, anche ad alta risoluzione (per quanto possibile) non arriverà mai al dettaglio di 6 campi di regata distribuiti in una baia. Quelle che posso fare e che faccio io è la valutazione di quali variabili possono influenzare la condizione meteo marina che il modello non sia in grado di considerare.

D: Di cosa va tenuto conto per redigere una previsione che possa essere la più veritiera possibile?

R: Gli aspetti più banali, più intuitivi, sono la forma della costa (gli effetti locali), la presenza di ostacoli, il passaggio di perturbazioni. Inoltre ognuno di noi sviluppa una sua sensibilità all’interpretazione, con l’esperienza e una buona dose di intuito passi dalla valutazione lineare delle variabili a quella non lineare, questo significa anche allontanarsi da concetti di fisica e meteorologia. Per questo io non mi ritengo un meteorologo, come si ritiene in senso classico, io mi occupo di interpretazione, sono più le considerazioni non supportate da teorie scientifiche valide che quelle consideratibili dalla disciplina meteorologica. Ovviamente è questo a fare la differenza tra chi è chiamato a fare questo lavoro ad un livello di risoluzione così elevato. Io, ad esempio, ho sviluppato una particolare predilezione per la relazione oscillazione della marea e la direzione del vento. Non la posso teorizzare, ce l’ho in testa e dall’esperienza vedo confermato il mio modello interpretativo.

D: Da quali elementi parti quando devi redigere una previsione per questo tipo di competizioni?

R: Prima di tutto analizzo quello che esiste. Ricerco fonti attendibili di informazioni, che siano articoli scientifici, centri meteorologici nazionali o le esperienze di chi ha già navigato.Poi individuo il miglior o i migliori modelli matematici che riescono ad avvicinarsi alla realtà della specifica località. Questo lo faccio sfruttando la presenza di stazioni di rilevamento, la presenza di personale sul campo o con la mia presenza direttamente. Individuato il modello che ritengo più affidabile cerco di studiarlo nelle condizioni peggiori, quando la possibilità che sbagli sia alta e quindi ne individuo i punti deboli. Questo passaggio mi è utile per capire quali variabili ritengo non stia considerando e a questo parallelamente procedo facendo la mia previsione per vedere se progressivamente le mie osservazioni producono previsioni più realistiche dei modelli. Una volta che ho creato il mio modello interpretativo lo uso per ottimizzare l’output del modello per rendere più veloce la trascrizione della previsione da mandare agli atleti.Inizialmente mi dilungavo in descrizioni ma poi mi sono reso conto che quello che contano sono i numeri, non c’è tempo da perdere, le ragioni che stanno dietro alla previsione è affar mio, all’atleta consegno uno scenario dal quale lui trae le considerazioni utili alla sua performance. Inoltre non fornisco mai un valore assoluto, non dirò mai che il vento arriva da 230° ma fornirò sempre un range di oscillazione perchè è irrealistico e antiscientifico che si possa fornire valore preciso. Dunque alterno una presentazione del dato realistica e scientifica, un range, a delle interpretazioni che incrociano leggi fisiche da deduzioni che richiamano la mia esperienza e la mia sensibilità.

D: Quanto la tecnologia può facilitare il tuo lavoro?

R: Mi capita di lavorare in remoto, come in questo caso del Test Event, ed è la condizione più difficile in assoluto visto che la richiesta di una risoluzione così elevata su campi di regata poco distanti l’uno dall’altro implica avere uno sguardo diretto su quello che accade. Uso quindi i satelliti, le centraline di rilevazione e cosa più importante il feedback dei coach. Il massimo del mio lavoro posso farlo con la presenza fisica perchè quello che l’occhio vede anticipa di moltissimo ogni lettura da strumenti indiretti.

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