Sembra destinata all’archiviazione l’indagine per omicidio colposo e naufragio avviata dalla Procura dopo il terribile incidente nautico, nel quale sono morti l’imprenditore e pilota Fabio Bussi, il pilota di off-shore Luca Nicolini e il meccanico inglese Erik Hoorn.
A cercare di far chiarezza sull’accaduto è stata la stessa Assonautica attraverso la propria pagina Facebook. Lo scafo di Fabio Buzzi e del suo equipaggio, recuperato dai Vigili del Fuoco è strutturalmente integro. Poche barche avrebbero resistito ad un impatto così potente. Vale a dire che il mezzo, pensato per usi militari, era progetttato bene. Un errore umano, visti gli strumenti di cui la barca era dotata, alla base della tragedia. Il mezzo era strumentato con un sofisticato sistema militare per la visione notturna composto da due strumenti a disposizione del radarista: uno a raggi infrarossi che intercetta le fonti di calore ed un secondo ad amplificazione di luminosità, entrambi consultabili sullo stesso schermo sia in contemporanea che uno alla volta per avere la massima dimensione degli eventuali ostacoli sulla rotta.
IL FATTO TECNICO
È probabile che in fase di avvicinamento alla bocca di porto, dove la presenza di barche è un fatto normale, il responsabile della rotta abbia messo a tutto schermo la visione ad infrarossi. La diga essendo un “bersaglio freddo” in questa funzione non può apparire sugli schermi.
È da escludere che gli strumenti non fossero perfettamente funzionanti dato il fatto che l’ing. Buzzi non avrebbe mai messo a rischio nè la vita delle persone che si sarebbero trovate sulla sua rotta, nè quella del suo equipaggio. Dati i precedenti, avrebbe optato per un ingresso a lento moto.
L’ERRORE UMANO
Abbiamo sentito a riguardo Giampaolo Montavoci, pluricampione di Off Shore, Presidente della Commissione FIM Endurance e pilota di un’altra Venezia Montecarlo:” dopo 20 ore di mare a quella velocità arrivi distrutto, la stanchezza è tanta, negli ultimi tratti cala la tensione, il record è fatto, ma la distrazione può essere fatale e la morte, come in questo caso ti aspetta all’ultima virata, all’ultima onda”.
A parlare è stato anche l’unico superstite dell’incidente, che al Il Messaggero ha spiegato:”Mi hanno chiamato il miracolato, e prendiamoci questa etichetta. È vero, con quello che ho passato. È stata una tragedia immane, per me Fabio Buzzi era un papà e quando perdi il papà, sia pure un papà sportivo, è tanta roba. Soprattutto avendo visto tutto. Io c’ero, non ho mai perso conoscenza neppure un attimo. Una ferita che non si potrà mai rimarginare, a differenza di quelle sul mio corpo. Ci vorrà ancora un pò ma alla fine i dolori passeranno“.