La cantieristica navale privata scende in campo e chiede al governo e alla Ue misure di sostegno per incentivare la domanda di imbarcazioni ad alto contenuto tecnologico, all’indomani della Fase 2 di rilancio dell’economia, dopo la pandemia di Coronavirus. I cantieri navali privati, su iniziativa del Cantiere Navale Vittoria, con l’assistenza professionale di Giancarlo Casani e di Paola Tongiani, hanno dato vita ad un’iniziativa per promuovere presso le istituzioni la stesura di nuove norme al fine di adottare strumenti di finanziamento idonei a favorire l’acquisizione di commesse di navi ad alta tecnologia e la trasformazione in questo senso di navi esistenti. «Con l’attuale situazione legata al Coronavirus, per il settore navalmeccanico sono aumentate le difficoltà a ricevere nuove commesse e i contratti già acquisiti sono stati posticipati o cancellati -spiega Gabriele Busetto, Direttore del Cantiere Navale Vittoria di Adria-. Per evitare che il settore, che ha una lunga tradizione e rappresenta un componente importante nell’economia del Paese, venga travolto dalla crisi, i cantieri navali privati intendono proporre agli organi europei e al Governo l’adozione di misure significative di sostegno per incentivare la domanda di imbarcazioni ad alto contenuto tecnologico e la trasformazione di quelle esistenti».
Alla base dell’iniziativa vi è uno studio sulla Navalmeccanica italiana, preparato dalla C.C.I.A.A. di Massa Carrara con la collaborazione di Casani. La navalmeccanica, compreso l’indotto, rappresenta l’1% del Pil nazionale, misura significativa, in particolare se si tiene conto del suo contenuto strategico e tecnologico. Dallo studio risulta che il fabbisogno finanziario per l’intero settore, identificato in 500 milioni per tre anni, potrà essere coperto integralmente dal risparmio dei costi di cassa integrazione e dalle entrate per imposte e contributi sociali che arriveranno nelle casse dello Stato dal mantenimento dell’attività e dell’occupazione nel settore. Il percorso normativo voluto dai cantieri privati si articolerebbe attraverso un Regolamento europeo, recepito poi da un decreto ministeriale. Se lo strumento ipotizzato per il sostegno della domanda di imbarcazioni è antico, le modalità previste sono completamente nuove rispetto al passato, al fine di evitare i gravi problemi che sono sorti con le precedenti leggi: certezza dell’importo e dei tempi di erogazione (che deve avvenire durante la costruzione delle navi), eliminazione di intoppi e lungaggini burocratiche. In passato, l’incertezza degli importi e delle date di incasso delle somme stabilite e dovute, hanno creato gravi problemi che hanno portato, in casi estremi, anche alla chiusura di importanti cantieri.
«L’iniziativa dovrà essere rivolta a sostenere tutti i cantieri, ovviamente anche Fincantieri che rappresenta circa il 90% della Navalmeccanica nazionale, vero fiore all’occhiello della nostra industria -sottolinea Busetto-. I punti nodali sono due: la posizione degli organi comunitari e i fondi necessari». «I massimi organi comunitari, più volte, anche recentemente, hanno dichiarato che sono ammissibili aiuti diretti alla produzione -aggiunge Busetto-. Questo, solo sei mesi fa, sarebbe stato inconcepibile. I fondi necessari, pur significativi, potrebbero essere reperibili senza far ricorso ai fondi europei, e, attraverso il meccanismo dei limiti di impegno dilazionati su 25 anni, avrebbero un impatto limitato e largamente sostenibile sulle finanze dello Stato». Secondo lo studio della Camera di Commercio di Massa-Carrara il settore della navalmeccanica è costituito da poco più di 1200 imprese attivi che danno lavoro ad oltre 18 mila addetti diretti, che producono a loro volta un moltiplicatore di economia indiretta e indotta in circa 90 mila occupati. Si tratta di un settore rappresentato da imprese ad altissimo contenuto tecnologico, basti pensare che sol 328 società di capitali hanno prodotto nel 2018 un valore di produzione di quasi 5,2 miliardi di euro, per una media ad impresa di circa 16 milioni. Considerando l’intero panorama imprenditoriale del settore, si conta che le 1.200 imprese riescano a produrre un valore di produzione di 14 miliardi di euro e un valore aggiunto di 3,6 miliardi, che considerato anche l’indotto, comprensivo dell’effetto turismo, fa si che il comparto contribuisce all’1% del Pil nazionale. Le imprese del settore, poi, erogano allo Stato oltre 300 milioni di euro tra oneri sociali ed imposte e tasse, a cui vanno aggiunti oneri previdenziali pagati dai lavoratori diretti del comparto stimabili in altri 130 milioni di euro, per un totale complessivo verso l’erario di quasi 450 milioni.