Nel corso del processo che porta allo sviluppo dei prodotti Harken il passaggio per la Sala Prove ricopre un ruolo fondamentale. I test si spingono al limite, per garantire resistenza e affidabilità.
Dovendo azzardare un paragone bancario la Sala Prove di Harken Italy è il grande caveau, il luogo dove è custodito “il valore”, il Tesoro di Stato. Non a caso, negli anni e col crescere di Harken è cresciuta anche lei, nelle dimensioni e nel numero di persone che vi lavorano.
E se all’inizio era uno spazio rubato ad altri pensati per fare cose “più importanti” è poi diventato il luogo intorno al quale tutto è stato progettato.
Negli anni ’70, Harken Italy non esisteva ancora, era Barbarossa, sede a Lomazzo. La proprietà era dei fratelli Bassani. Non esisteva ancora una vera tradizione progettuale nautica nel mondo dei winch. Non a caso la testa pensante, il capo progettista di Barbarossa, Luciano Bonassi veniva dal modo della movimentazione terra, dai trattori.
Ai tempi bisognava semplicemente “produrre forza”, inventarsi trasmissioni e riduzioni. Poi si è imparato che bisognava fare i conti col mondo marino, capire cosa accadeva realmente a bordo. La sala prove nasceva per tentare di simulare quell’ambiente, per anticipare quelli che sarebbero potuti diventare veri problemi.
I fratelli Bassani decisero di investire molto in questa direzione, di fare qualcosa di assolutamente nuovo per quei tempi.
Arriva quindi il primo banco prove: piuttosto corto, con una semplice cella di carico e una cima da “spremere” (anche lei di lunghezza molto ridotta, e quindi con un’approssimazione dei risultati ancora piuttosto alta). Carico massimo? 10 tonnellate a voler essere generosi.
Negli anni 80 Barbarossa diventerà Harken Barbarossa e crescerà costantemente, tanto da richiedere una nuova sede. Si trasloca, nella seconda metà degli anni ’90, poco lontano, a Lurago Marinone e nasce una nuova sala prove, non più “ritagliata” da altri spazi, ma vicino all’ufficio progettazione e ben più grande. Non ci lavora più una sola persona, ma quattro.
Il banco è molto più lungo, l’elasticità da misurare diventa molta di più e si cominciano ad usare strumentazioni di misurazione elettronica. Parte anche una collaborazione con il Politecnico di Milano.
Arrivano poi i primi anni duemila, anni d’oro per la vela e in primis la Coppa America, e nel 2005 si comincia a ragionare sulla costruzione di in un nuovo stabilimento per Harken, più grande. Si arriverà, nel 2008 a quella che è l’attuale sede di Limido Comasco.
Si compra un terreno e prima di tutto si ragiona su dove mettere la sala prove. Il centro di tutto. Il caveau. La sede del valore, in questo caso il luogo dove il sapere teorico incontra la realtà. E sarà un test center innovativo e avveniristico.
Non solo molto più grande, ma con un controllo molto maggiore dell’elasticità e una maggiore precisione sulle misurazioni. La strumentazione elettronica di controllo diventa molto più sofisticata, così come i sensori di carico. Aumentano affidabilità e produttività, si arriva a 20 tonnellate di carico massimo. Ma ancora non basta.
Nel 2015 la richiesta di attrezzatura comincia a diventare sempre più grande e impegnativa. La sala prove di Harken Italy deve sconfinare all’interno di una parte della zona produttiva: arriva il T-Rex, un banco da 100 tonnellate, per studiare applicazioni fino a 70. Bisognava fare rampe di carico che non sfruttassero più l’elasticità, non più pensabile per carichi di questo livello, optando quindi sull’idraulica, con un cilindro da 5 metri di corsa.
Ultimamente sono arrivate sempre più richieste anche per grandi captive elettrici e la struttura idraulica è stata affiancata da una centrale di potenza elettrica che prende l’energia dalla linea per le macchine utensili e può trasformarla in corrente alternata o continua in tutte le tensioni necessarie per poter mettere in produzione più tipi di motori e applicazioni.